Inaugurata a Milano una nuova area espositiva dedicata alla radiofonia. Ricostruito il primo studio di Radio 105: una rivoluzione dei media
Una stanzetta disadorna. Due vecchi giradischi, un mixer da poco, un registratore. Cartoni delle uova al muro. Nulla di speciale. Pare. Ma l’apparenza inganna. Questo è un pezzo della storia italiana. È la regia, la prima, di Radio Studio 105, una delle colonne della radiofonia privata italiana, il primo network nazionale privato, ricostruito al Museo della scienza e della tecnologia di Milano.
«Stavamo ore attaccati al microfono, in quello scantinato, a Lorenteggio. Ci portavamo i dischi da casa. L’elenco delle canzoni lo scrissi per la prima volta sul retro di un poster. Il primo palinsesto, ma allora non sapevo nemmeno cosa fosse». Era il 16 febbraio del 1976. Di anni ne sono passati eppure Loredana Rancati, la prima Dj e pure la prima direttrice artistrica della radio, racconta quei momenti con lo stesso entusiasmo di allora. Stessa parlantina pimpante, stessa intonazione di chi, allora, cambiò il modo di stare davanti al microfono. E stessa simpatia. «Non ci rendevamo conto di quello che in realtà stavamo facendo», ammette, candida, la Rancati davanti alle tante persone intervenute all’inaugurazione della nuova area museale dedicata alle emittenti radiofoniche.
Eppure quei ragazzi entusiasti sui 105,5 MHz, insieme a tanti altri loro coetanei di tante altre radio sparse per la Penisola, furono i protagonisti di una rivoluzione culturale. La comunicazione cambiò volto. Anche «mamma Rai», dovette adeguarsi. E pure la carta stampata cominciò a rivedere la grafica. Meno grigio, nei nostri media. Più fantasia, più spazio ai nuovi generi musicali, nuovi linguaggi. Un nuovo stile. E Milano fu al centro di questi cambiamenti epocali.
«Questa città – conferma Massimo Temporelli, curatore del dipartimento della comunicazione del Museo Leonardo da Vinci – è sempre stata in prima fila nella storia della radiofonia nazionale. Non potevamo non aprire una nuova sezione per raccontare questa epopea». Sezione espositiva che ruota intorno a tre momenti fondamentali. La fase sperimentale, segnata da un pioniere milanese, Erminio Donner Flori, che attivò la prima emittente nel 1923 in piazza Aquileia.
La fase istituzionale, qui rappresentata dal potente trasmettitore in onde medie della Rai di Siziano (Pavia) e da uno splendido banco di regia anni ’50. Infine le radio libere, l’era della modulazione di frequenza. E nell’occasione inaugurale il Museo ha voluto riconoscere i meriti di un pioniere della radio e suo prezioso collaboratore, l’ingegnere Franco Soresini, a cui è andato un riconoscimento speciale. Sarà un caso, ma Soresini è nato nel 1920, l’anno in cui è nata anche la radiofonia, il broadcasting, negli Stati Uniti.
Pionieri. I radioamatori che hanno lasciato il segno
«Un museo non deve solo conservare reperti, ma anche aiutare a comprendere la contemporaneità. A capire il presente». Ne è convinto il direttore del Museo della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Fiorenzo Galli. Proprio per questo ha deciso di arricchire la sezione delle telecomunicazioni con una sala dedicata alla radiofonia. Da una parte, insomma, l’aspetto tecnico, dall’altro quello sociale. Come le tecnologie incidono sui modi di fare cultura e informare, segnano la vita quotidiana di un popolo. Valorizzando anche i pionieri. Come quelli della radio. Ad esempio il milanese Erminio Donner Flori che per primo, dalla sua casa, iniziò a trasmettere musica e informazione, anticipando di un anno la nascita dell’Unione radiofonica italiana. Avvenuta a Roma il 6 ottobre 1924.
Ma a Milano si ascoltava male e l’Uri nicchiava sull’apertura di una stazione al Nord. Allora un gruppo di radioamatori milanesi, guidati da Eugenio Gnesutta, decise di seguire la nobile tradizione lombarda del fai da te e attivò un’emittente pirata: Posto Zero. Al termine della prima trasmissione l’annunciatore invitò gli ascoltatori, se ce n’erano, a trovarsi mezz’ora dopo per un aperitivo in centro. Si presentarono in 50, tutti entusiasti. L’Uri comprese e dopo poco installò una stazione anche a Milano.
Questi eventi sono ricordati anche al museo. E appaiono una buona lezione di vita, sempre valida. Per i cittadini, ma anche per gli amministratori meneghini.
di Giampiero Bernardini - Avvenire, 21 marzo 2007
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