Fischio d'inizio alle 15, la radiolina va in gol
Domenica 5 febbraio a causa del freddo e della neve le partite di campionato sono state giocate tutte insieme, senza appuntamento serale. Per un giorno si è rivissuta la magia del calcio che fu, senza la tv ma con la radio incollata all’orecchio. Un articolo sul Corriere della Sera racconta il “miracolo”
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di Piergiorgio Lucioni
Tradimento. C'è tutto: la “radiolina”, il fischio d'inizio alle 15 - anzi: i fischi d'inizio, questa volta - i ricordi e quel retrogusto di sensazioni déjà vu che si può tradurre alla buona con una sola parola: nostalgia. Mancano solo loro: dove sono, dannazione, Bortoluzzi, Enrico Ameri, «a te studio», «vai Sandro» (Ciotti), «scusa devo intervenire». Dov'è, dannazione, Ezio Luzzi?
Ieri mancavano solo loro. E ieri, come 50, 40, 30, sì anche vent'anni fa, ecco a noi «Tutto il calcio minuto per minuto» nel suo splendore. Proprio tutto, per una volta e grazie al maltempo, come ce lo ricordavamo quando le giornate di campionato duravano 90 minuti e non i due-tre giorni imposti dalla bulimia di soldi e di audience televisiva. E allora via, “radiolina” e piedi buoni per vedere l'effetto che fa.
Nell'auricolare la stessa sigla e il perenne: «Gentili ascoltatori buon pomeriggio, i campi collegati sono nell'ordine...» e nelle orecchie il gelo della Milano che, se ancora è da bere, di questi tempi (meteorologici) sarebbe senz'altro on the rocks. «Buon pomeriggio dagli studi di Saxa Rubra».
Ma come, solo qualche Mazzola e Rivera fa, il «tacabanda» non arrivava dagli studi di corso Sempione? È l'unità dell'Italia calcistica. E allora, già che ci siamo, proviamo a camminare per via Borgonuovo, davanti al museo del Risorgimento. Auricolare in bella mostra per il giro dei campi: «Parte Torino, poi Milano, Firenze, Roma, Palermo, Verona, Novara, Lecce e poi studio.
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Solo i risultati, vai Torino... a te Milano, qui Milano allo stadio Meazza di San Siro... vai Dotto. Qui Firenze, anche al Franchi... A te Roma. All'Olimpico il termometro segna... Grazie Delfino». Vai Cucchi, tre minuti: «Sì... qui Torino... un colpo di testa che ha impegnato severamente il portiere del Siena, ma la Juve non riesce a passare». Tutto come prima e più di prima. Un orecchio ad ascoltare e un occhio a vedere gli sguardi dei passanti, quelli dell'età giusta: «Ricordi, vero?»
Sì, soprattutto quando il viso cede al sussulto per il boato. «Quel boato», quello che irrompe in radiocronaca da un campo diverso e segnala che là qualcosa è successo. Ma là dove? Sono i secondi dell'attesa che il radiocronista - e il maledetto ci mette sempre troppo tempo - annunci che è stato segnato un gol. Della o contro la tua squadra? Sbrigati a dirlo, che il cuore accelera - in un lampo realizzi quante volte succedeva in passato -. Pochi secondi. Troppi secondi, ah la tv dove tutto vedi e tutto controlli. «Attenzione ci sarà un calcio di rigore per la Fiorentina».
Via la linea, via l'auricolare da pischello con iPod; meglio l'autoradio, con il finestrino abbassato al semaforo, ché magari qualcuno ti affianca e vuol sapere. E dall'Alfa non chiedono, ma vedi che aguzzano l'udito. «Mi dai la linea appena il Lecce si è divorato un gol». «Andiamo a Verona... Qui Verona».
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«Linea a Milano, vai Repice. Qui Milano, clamoroso, espulso Ibrahimovic». Qui, invece, adesso c'è un bel parco Nord innevato. Gente che corre e padroni di cani, radio in bella vista stile 1960, l'anno della «Dolce vita», del boom della Fiat 600, di Psycho di Hitchcock e di «Romantica» di Tony Dallara. E del primo «Tutto il calcio minuto per minuto» che si congeda come da sempre: «A tutti coloro che ci hanno seguito, grazie per l'attenzione...».
«Scusi cosa ha fatto l'Inter?» «Ha perso 4-0». Il signore se ne va senza ringraziare. È proprio vero: non ci sono più le stagioni e i passanti di una volta.
(Corriere della Sera, 6 febbraio 2012)
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