giovedì, aprile 19, 2012

La storia passa da Radio Busto Arsizio, in onde corte


La notizia della fine della guerra, il 25 aprile 1945, venne diffuso per la prima volta da Busto Arsizio in onde corte. Giovanni Lombardo, fu tra i protagonisti di quel momento storico. Il suo ricordo su Avvenire.

di Giovanni Lombardo

Nell'aprile 1945 esisteva in Busto Arsizio un centro radiotrasmittente a onde corte di proprietà dell'Eiar. I programmi da trasmettere erano eseguiti a Milano nelle sedi di corso Sempione, oppure in quella
di Morivione e andavano in onda col nome di «Radio Tevere».
In Busto non esistevano locali, né tanto meno studi, per l'esecuzione di programmi, né possedevamo apparecchiature atte alla ripresa sonora: in via Mentana 7 disponevamo di un piccolo appartamento destinato a ufficio e magazzino. È opportuno ricordare che la caratteristica delle onde corte è di potere
essere ricevute solo a grande distanza. Così era impossibile essere ricevuti per esempio da Busto a Gallarate o a Legnano, mentre invece era facilissimo essere ascoltati in Africa, Sicilia o in qualsiasi altra parte del mondo.

Il centro radio era presidiato da un piccolo gruppo (sei) di militari tedeschi, che pernottavano in una stanzetta attrezzata con due letti a castello. Di giorno invece intorno alle 12 erano soliti recarsi a casa loro e alle 16 ritornavano al centro radio. Intorno al 10 aprile circa, nell'intervallo di riposo del presidio tedesco, arrivò – cosa insolita – un'automobile dalla quale scesero tre persone di cui due armate con mitra.

Il terzo signore chiese di parlare con me e con mio sommo stupore disse, in perfetto italiano, di essere un agente segreto americano dell'Oss, Missione Chrysler, di chiamarsi Aldo Icardi, nativo di Pittsburg. Soggiunse che da quel momento i trasmettitori dovevano considerarsi occupati dalle truppe alleate; che non dovevano mai più trasmettere i programmi provenienti da Milano e che invece avremmo
dovuto trasmettere programmi prodotti nella sede di Busto Arsizio.

Feci subito presente al tenente Icardi l'impossibilità di realizzare quanto da lui richiesto perché sprovvisti di ogni materiale. Egli non volle sentir ragioni: probabilmente non credeva alle mie parole; poi promise di farci avere qualche apparecchio che poteva esserci utile. Mantenne la promessa
e dopo alcuni giorni mi inviò due magnifici microfoni americani, nuovi di zecca, ad altissima fedeltà: ignoro dove li abbia recuperati. A questo punto è chiaro che restavamo impegnati a fare quanto Icardi ci aveva ordinato e che da parte nostra era necessario predisporre le apparecchiature indispensabili
alle riprese sonore. Così all'insaputa dei tedeschi procurammo quanto necessario e cioè accumulatori, giradischi, valvole termoioniche e costruimmo con mezzi di fortuna gli apparecchi: amplificatori, dosatori, miscelatori, eccetera. Il materiale era acquistato «a credito» su piazza. I nego dell'Istituto
«La Provvidenza» di Busto. Mi disse di essere parroco di Lesa (No) e che era informato in merito alle trasmissioni autonome; aggiunse che – a suo parere – era indispensabile che i testi fossero idoneamente controllati e che lui sarebbe stato disposto a svolgere tale compito. E così in seguito fu fatto. «Don Carlo» si dimostrò persona degna di fiducia, dotata di profonda cultura. Mi disse che quanto prima mi avrebbe fatto conoscere altre persone interessate alle trasmissioni e così mi presentò Enrico Tosi, presidente del Clnai, e il tenente colonnello Oggioni, comandante della piazza di Busto Arsizio.

Nel frattempo predisponemmo ad auditorio l'unica stanzetta nel fabbricato di via Mentana: provvedemmo ad attaccare alle pareti alcuni teli di cotone per ridurre i tempi di riverberazione e rendere così più chiare le parole. Su un tavolo predisponemmo microfono, giradischi, amplificatore, dosatore e miscelatore. Soggiunsero però giorni caldi; il Comando tedesco ci diede ordine di smontare i trasmettitori per provvedere al loro trasferimento. Che fare? Nel contempo, al pomeriggio, due aerei cominciarono quotidianamente a farci visita; quanta paura, pensavamo che ci avrebbero mitragliato, ma
invece mai hanno aperto il fuoco: in seguito apprendemmo che venivano solo per controllare se c'erano indizi di trasferimento degli impianti. Chissà quante belle fotografie avranno fatto. Decidemmo di agire con massima lentezza; non solo, ma anche fingendo di smontare, cioè staccando e riattaccando
i cavi elettrici delle apparecchiature. Bisogna dire che i tedeschi lasciavano fare, o perché non si rendevano conto, oppure perché – consapevoli di una prossima conclusione negativa delle loro vicende – trascuravano la sorveglianza.

Intanto gli avvenimenti incalzavano, arrivammo al punto da essere fonicamente isolati, cioè nessun programma perveniva da Milano e il telefono di servizio non funzionava più. Il capo del drappello tedesco mi disse che loro si sarebbero allontanati definitivamente e aggiunse: «Non abbiamo minato gli
impianti, non l'abbiamo fatto e non lo faremo, lasciamo tutto in ordine».

Così finì il presidio tedesco. Se non ricordo male mi pare che fosse il 23 aprile. Rincuorati passammo ad occuparci del fantomatico auditorio di via Mentana. Tutto fu fatto nel miglior modo possibile: eravamo pronti per le necessità. Alle 21 circa di mercoledì 25 aprile 1945 giunsero Tosi, Oggioni e altre persone. Chiesero di vedere gli apparecchi da noi costruiti, li esaminarono, ci fecero tante domande: erano stupiti e dissero che avevamo lavorato bene e che si poteva cominciare a trasmettere.

Erano circa le 22. Invitati i presenti al silenzio iniziammo a mandare l'inno del Piave; indi, in dissolvenza, Vanna Tongiorgi disse al microfono: «Attenzione, attenzione, qui Radio Busto Arsizio, stiamo per trasmettere un importante comunicato». L'annuncio fu ripetuto tre volte. Quindi il professor Nino Miglierina lesse con voce solenne lo storico comunicato: «Per proclama del Comandante della piazza militare di Busto Arsizio si dichiara decaduto il regime fascista repubblicano e si esorta la popolazione alla calma e al rispetto delle leggi civili e militari dell'8 settembre 1943, rientrate
in vigore. Cittadino italiano, tu che hai sofferto per la tua Patria ancora una volta calpestata dal barbaro nemico, l'ora della tua liberazione è giunta. Lavoratore, ancora per qualche giorno controlla ogni tentativo di distruzione delle tue macchine, delle tue officine, delle tue fabbriche, delle centrali elettriche. Salva la tua ricchezza di domani. Industriali,  disponete perché il lavoro continui, perché le mense aziendali non abbiano a subire interruzioni. Donne, siate degne dell'ora che volge. Italiani
tutti, al vostro posto per la battaglia!».

Le trasmissioni autonome di Radio Busto Arsizio furono di notevole importanza. A quell'ora nessuno
sapeva in Italia quanto avveniva. Le stazioni Eiar in onda media non trasmettevano; i giornali non venivano stampati. La notizia diramata dalla nostra stazione radio fu ricevuta con chiarezza anche a Palermo e in America, dove fu ritrasmessa e non è esagerato dire che fece il giro del mondo, tornando in Italia prima che iniziassero a trasmettere le stazioni Eiar in onda media e prima ancora che fossero pubblicati i giornali.

Insomma Radio Busto Arsizio è stata indubbiamente la prima in assoluto a dare notizia al mondo di quanto avvenne in Italia il 25 aprile 1945. E fu sempre la prima a dare informazione della morte di Mussolini, notizia che ci fu portata personalmente dall'agente americano Icardi. Da quel momento in poi le trasmissioni si susseguirono con regolarità. A partire dal 27 aprile ne abbiamo fatte di due tipi: una per invio notizie al Sud Italia da parte di congiunti residenti al Nord, l'altra per richiedere notizie alla Croce Rossa in merito a militari di cui non si sapeva nulla. Furono entrambe trasmissioni di grande successo. Al mattino, prima ancora di aprire il portone della sede, lungo la strada si formavano folti gruppi di persone che si disponevano disciplinatamente in lunga fila in attesa di consegnare il messaggio da inviare.
Avvenire 19 aprile 2012

1945, Busto Arsizio in onde corte

L'annuncio della fine della guerra venne diffuso dalla radio da Busto Arsizio alle 22 del 25 aprile 1945 in prima assoluta, almeno 12 ore prima dell'analogo comunicato diffuso da Milano


Busto Arsizio (Varese) 10 aprile 1945: nessuno avrebbe potuto immaginare che il centro trasmittente dove l'Eiar (la Rai del tempo, controllata dalla Repubblica sociale) aveva la sua residua potenza in onde
corte, stava per passare alla storia. È ancora meravigliato l'allora capo-centro ingegner Giovanni Lombardo, classe 1915 ma con tutti i suoi ricordi perfettamente in ordine, che ha voluto consegnare la sua personale e diretta esperienza in esclusiva ad Avvenire.

Quel giorno a Busto, ancora sotto regime repubblichino, si presenta un agente americano in auto, con due partigiani e ordini precisi: «Gli impianti sono a nostra disposizione; è come fossero occupati dagli
Alleati»... Tutto ruota intorno allo storico annuncio della fine della guerra, diffuso da Busto alle 22 del 25 aprile 1945 in prima assoluta, almeno 12 ore prima dell'analogo comunicato diffuso da Milano. Lo scoop di Busto venne preparato in 15 giorni: americani e partigiani riuscirono a recapitare le minime strutture per uno studio improvvisato, che già dal 20 aprile era pronto in un appartamento collegato via cavo alle antenne che i tedeschi – intanto – immaginavano di smontare.

Per comporre la redazione si fece vivo un sacerdote, don Federico Mercalli, contatto con altissime
personalità della Resistenza come Enrico Tosi, capo del Comitato di liberazione Alta Italia, che diverrà poi deputato Dc, e il comandante militare di piazza. Tutti erano stati senz'altro preavvertiti da Icardi che – in inglese – di notte usava la stessa radio per comunicare con gli Alleati.

Tutto era dunque accuratamente pianificato: Busto era stata «scoperta» dagli americani con accurate ricognizioni alla ricerca degli impianti trasferiti al Nord dopo la liberazione di Roma, quando l'Eiar aveva evacuato anche il centro radio imperiale di Prato Smeraldo, responsabile del vasto servizio in onde corte italiano. Due trasmettitori erano finiti nella cittadina lombarda a servizio della Repubblica Sociale e di «Radio Tevere», un'emittente che fingeva di trasmettere da Roma. Dobbiamo all'ingegner Lombardo la ricostruzione delle fasi concitate che condussero all'annuncio della Liberazione.

Casualmente, la voce femminile che alle 22 del 25 aprile annunciò la Liberazione era quella della dottoressa Vanna Tongiorgi, amica dei coniugi Lombardo, che di lì a poco sarebbe divenuta una dei maggiori fisici italiani, per lunghi anni impegnata col marito Giuseppe Cocconi in America e al Cern di Ginevra. Chi lesse il comunicato completo fu invece Nino Miglierina, insegnante e successivamente condirettore del quotidiano varesino La Prealpina. Radio Busto Arsizio ha dunque preceduto tutti. A quell'ora a Milano Morivione l'Eiar della Rsi era ancora attiva, ma solo alle 9 del giorno seguente
fu letto il comunicato della liberazione.  L'ingegner Lombardo, di origini siciliane, ricorda con gioia che proprio Il Giornale di Sicilia del 26 aprile uscì con la notizia della liberazione ascoltata da Busto Arsizio. Altro particolare curioso è che il 1° maggio di quell'anno fu celebrato dall'emittente con la trasmissione della messa in diretta dalla chiesa principale di Busto...

Oggi nel luogo dello studio di via Mentana c'è un palazzo recentissimo, mentre le antenne (che per una decina di anni ancora trasmisero i rinati programmi internazionali della Rai) furono smantellate
con la ricostruzione di Prato Smeraldo alle porte della capitale; grande centro che pure non c'è più in seguito alla cessazione delle onde corte italiane nel 2007. Agli uomini di quella straordinaria esperienza, però, non tutto andò bene. Il tenente Icardi rimase coinvolto in un processo per l'accusa (rivelatasi poi infondata) di aver ucciso un altro ufficiale americano, mentre Giovanni Lombardo fu addirittura licenziato ai primi di maggio 1945 per aver permesso quelle trasmissioni «senza autorizzazione»...

L'ingegner Lombardo, che oggi vive a Torino, passerà dunque la sua vita come professore di elettrotecnica nelle scuole superiori; ma forse la Rai non farebbe certo cosa sbagliata se lo «riabilitasse» come un eroe di quei giorni difficili.

di Luigi Cobisi, Avvenire 19 aprile 2012


Antenne Tv, monopoli e caos frequenze (anche in FM)



Tra i tanti fattori in gioco nella complessa partita delle comunicazioni digitali, televisione inclusa, c’è anche quello della distribuzione dei segnali.
I contenuti mediatici, per viaggiare hanno bisogno di antenne. Migliaia di ponti radio sparsi per la penisola. Strutture ad elevata tecnologia che oggi sono in mano a soli due operatori. Rai e Mediaset. La prima li gestisce attraverso Raiway. La seconda attraverso Elettronica industriale, che a sua volta lo scorso anno ha acquisito il controllo del terzo operatore di settore, Dmt. Un duopolio di fatto.


Per alcuni un monopolio, considerando gli intrecci tra politica e aziende del Biscione. In ogni caso un situazione di mercato a controllo ristretto. A suo tempo, a latere della vicenda dell’assegnazione delle frequenze tv, su questo fatto si sviluppò una polemica. Si sosteneva, tra l’altro, che Sky, concorrente di Rai e Mediaset, fosse scoraggiata a partecipare ad eventuali gare da questo duopolio in mani avverse. Mani concorrenti che potrebbero porre molti ostacoli allo sbarco tecnico del nemico Murdoch. Dai prezzi fissati per l’affitto delle antenne alla concessione delle stesse, che potrebbe essere negata.


C’è comunque un altro problema, la cattiva gestione delle frequenze, con anche sprechi energetici (consumi elettrici). Come in Fm, dove in una stessa città la stessa radio è ricevibile su più frequenze. Fatto all’estero inconcepibile. Un canale, pulito e protetto da interferenze altrui, basta e avanza. Discorso analogo per i multiplex televisivi: a Milano se ne contano 43, a Parigi 8, a Londra solo 6.
(Giampiero Bernardini, Avvenire 19 aprile 2012)